Senza fiato, Di ritorno a casa...

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glaucocollini
view post Posted on 28/10/2010, 16:28




Tornai a casa che era già notte da un pezzo. I lampioni spenti, tutta la via buia…
La luna non traspariva, era da un’altra parte. Le piastrelle del vialetto bagnate dalla pioggia smessa da poco, in fondo la luce rotonda sopra il portone... Avevo già la chiave pronta.
Da qualche sera mi curavo di non restare molto sotto la luce a cercarla, poiché sui muri che mi introducevano al portone avevo notato due insetti, uno in alto a destra, uno in alto a sinistra, che, per le dimensioni e la loro possibile agilità, mi inquietavano. Non erano ragni comuni. Avevano zampe robuste sotto una specie di corazza ed una testa sproporzionatamente grande e ben definita rispetto al corpo.
Mi impressionavano gli occhi espressivi, ai quali davo una connotazione maligna, e le fauci, che esprimevano forza ed aggressività. Non li avevo mai visti, soltanto in queste ultime quattro sere, ed ogni volta erano più grandi e robusti.
Ero rapido nel rientrare e nel chiudermi dietro la porta, ma questo non mi tratteneva dal sentire un brivido nella parte bassa della testa e l’improvviso bisogno di passarmi la mano sul collo, mentre con l’altra spingevo la porta, come se quella pressione aggiunta la chiudesse meglio.
Dopo un sospiro sullo zerbino alla base delle scale mi sentivo un po’ meglio e pronto a salire. I miei passi, sempre più silenziosi gradino per gradino, diventavano un soffio davanti la porta di casa. Anche qui la chiave pronta. Entra prima lei. Dopo un altro sospiro gli impressi la rotazione funzionale che ,seguita da un suono metallico, mi permise di entrare. Chiusi alle mie spalle anche questa porta.
Ero dentro. Quello era un altro mondo. Conoscevo l’origine della sua creazione, ma solo da poco mi stupivo della sua esistenza. Avvertivo la presenza di qualcuno anche se non lo incontravo. L’oscurità era prevalente, infatti le luci erano molto distanziate dal soffitto. L’emanazione luminosa disegnava un cono di luce nel buio e buona parte della stanza rimaneva in penombra. Cercai subito il mio posto, quello che provocava in me minor disagio, forse più scuro degli altri ambienti della casa. Un buon posto per non vedersi. Pile di libri, giornali, scatoloni e mucchi di panni delimitavano gli spazi percorribili, opprimendo l’aria ed anche l’animo.
Con la schiena contro l’armadio piegai le ginocchia sedendomi sui talloni. Mi lasciai scivolare.
Osservavo con insistenza le cose che vedevo da una vita. In realtà quella era la trasposizione oggettiva della mia mente. Un magazzino pieno di cose per lo più inutili.
In quel momento trovai l’unica fuga nel mettere la testa tra le mani e fissare le multiformi venature delle mattonelle, attribuendo loro dei significati pittorici. Quando questo non mi bastò più, passai ad un’attività altrettanto inutile: accesi una sigaretta e mi persi tra le forme del fumo nelle zone in cui il buio divorava la luce. I pensieri si spostavano rapidi, i dissidenti erano quelli che veramente mi laceravano.
Il dialogo interno si infittiva. Cedetti alla disperazione. Tutto questo era inarrestabile! Non sapevo cosa pensavo, non sapevo a cosa pensavo mentre pensavo, quello che riuscivo a fermare per brevi istanti era rimpiazzato così rapidamente da non lasciarmi il tempo di capire cosa ne pensavo... Il mio corpo era immobile, ma io avvertivo movimento.
Mi sembrava di tremare, ma non ne ero sicuro.
L’aria aveva finito la sigaretta, ma aspettai ancora un attimo prima di cercare il posacenere.
Ora mi concentro. Devo compiere un’azione, raggiungere il posacenere!
Capii subito che non ero pronto a muovermi. Spensi la cicca sul pavimento e con la mano libera mi sentii peggio. Ero ancora convinto che concentrarmi su qualcosa fosse una buona idea per superare quel momento ,e subito mi scontrai con l’impossibilità di farlo. La mia mente si era fatta pendente e scivolosa. Nulla si fermava. La situazione migliorò quando mi accorsi che le gambe si erano addormentate. Il corpo mi venne in aiuto: dovevo stenderle. Mi sforzai e ci riuscii.
Ora ero seduto sul pavimento, ansimavo come se avessi corso. Le gambe non si svegliavano.
Sentii ticchettare qualcosa giù dall’armadio al quale le mie spalle aderivano. Ruotai la testa e mi trovai davanti uno degli insetti che avevo visto mentre rincasavo. Non mi impressionai più di tanto. Ero già finito, non avevo la forza.
Sentii altri ticchettii…Ruotai la testa dall’altra parte e ne vidi un altro. Ero meno impressionabile di prima. Sentii altri ticchettii sul pavimento e presto ne fui circondato.
In un attimo capii che i miei pensieri erano come insetti carnivori e che, anche se ero io a concepirli, erano pronti a divorarmi in ogni momento. Allora fui disposto ad abbandonare il corpo per sempre. Non provai l’orrore di lasciarlo in pessime condizioni, anzi desiderai che la mia morte fosse una morte masticata, con un corpo che trasmettesse terribile sofferenza ed orrore agli occhi di chi lo avrebbe guardato, per far intravedere quello che mi era stato fatto… Per avermi lasciato vivo affinchè io mi divorassi.

 
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°Jo.Sawyer°
view post Posted on 19/12/2010, 10:59




Bellissima. Hai capacità descrittive incredibili.

CITAZIONE
Cercai subito il mio posto, quello che provocava in me minor disagio, forse più scuro degli altri ambienti della casa. Un buon posto per non vedersi. Pile di libri, giornali, scatoloni e mucchi di panni delimitavano gli spazi percorribili, opprimendo l’aria ed anche l’animo.
Con la schiena contro l’armadio piegai le ginocchia sedendomi sui talloni. Mi lasciai scivolare.
Osservavo con insistenza le cose che vedevo da una vita. In realtà quella era la trasposizione oggettiva della mia mente. Un magazzino pieno di cose per lo più inutili.

Hai centrato la mia di vita :) Complimenti, davvero.
 
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1 replies since 28/10/2010, 16:28   51 views
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