Niño |
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| Io sono il canto dell’oleandro che è in fiore, che sboccia e che muore, che ride al vento e si piega come la montagna incurante di un tempo sommerso, che ha colto il tempo e nello spazio è rimasto a guardare del Sole che ascende, e col sangue ha intriso di spore gli insetti visione d’amianto che su ruote d’asfalto percorrevano isole.
Io sono il canto dell’oleandro che ama e feconda la terra, che si sentiva acido nelle notti di whiskey e sale sul cuore tenero del mondo aspettando l’aurora, che gridava il disprezzo e l’angoscia ai cani zoppicanti dei vetri per distinguere tra loro il Pastore dagli occhi da pecora e colpiva alla testa le cagne dal ventre ardente che cullavano bastarde visioni di stelle, che gioiva, fremeva e giungeva al coito il giorno in cui vide l’angelo di seta nei pensieri di Whitman, che cadeva dal muro ragnatele splendenti se una mosca danzava le anche e dondolando il culo vibrava nell’aria.
Io sono il canto dell’oleandro che siede e aspetta la notte, che piangeva di neve le vette del mondo che discende, carambola e spazza le valli, solchi nei seni nudi di Gaia, che fremeva del vento del mare nelle voci dei forti marinai, nei letti d’oltralpe a prendere e amare un bordello virtuale di brandy e cognàc, che ruggiva sui quadri di Roma osceni piaceri e cornici d’inganni a nascondere il cuore, che vomitava l’anima nella solitudine del Maine quando per fame mangiava se stesso e rideva –oh Chiara, quanto rideva!- nel veder le puttane gambe di carta lasciarsi sfogliare da umanisti cazzoni e rideva ancora quando prendeva il veleno del sangue e uccideva Orfeo così come l’angelo di un languido dio gli aveva ordinato mentre campi di sterpi fumava supino.
Io sono il canto dell’oleandro col cuore nome d’Abramo, che conta le stelle per vivere più forte del lampo e per mille anni ancora vivrò dormendo una notte smeraldo fino al giorno di Dioniso Agave e sesso di Santo.
Edited by Niño - 16/8/2010, 14:33
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