| Sedici anni, brutta età. Tutti dobbiamo passarci, alcuni dicono che è una malattia a cui si sopravvive ma non sono d'accordo: alcuni ne muoiono,non intendo fisicamente, ne portano i segni e le conseguenze per tutta la vita. Tu, sedicenne con gli occhi tinti e capelli tagliati male, che ne pensi? Uscito di casa urlando verso i genitori che non ti capiscono, che non vogliono accettare quello che sei, i vestiti che porti e come li porti. Imprecando rabbioso ti se messo a girare a caso per le strade della città senza guardarle perché non giudicavi importante cosa ti stava intorno. Pensieri variegati ti si ammassavano in testa, ripensavi alla lite, alle parole vuote dette, cercando di capire. Forse non avevi del tutto ragione e loro del tutto torno. Poi ti sei fermato, schiena contro la parete di un edificio di mattoni rossi, testa china in terra a guardare una lattina di cola vecchia e schiacciata; un sorriso ti è apparso sul viso mentre ripensavi a tuo padre che ti ha fatto portare la sua barca a vela pochi mesi prima. Cosa fare ora? Non puoi stare furori tutta la notte, hai un solo posto dove andare, la tua casa; già vedi entrare con un stringato "'sera" appeso alle labbra, mentre tua madre ti guarda con aria preoccupata e si trattiene dal saltarti al collo per vedere se va tutto bene, tuo padre in piedi ti guarderà severo, un rapido sguardo tra voi, per poi salire in camera a far passare la notte. Un lungo respiro, una spinta con la schiena poi in piedi per tornare in dietro, quando una ragazza ti ha parlato, l'hai guardata negli occhi e le sue parole ti hanno rapito. Non sai perché ma l'hai seguita, camminandole accanto ma un passo leggermente più in dietro, perché era lei che conduceva, tu seguivi. In quel vicolo ripensavi alla barca a vela, non al litigio, quando ti ha baciato di un bacio caldo e intenso, ti ha lasciato lì in terra con gli occhi ancora più bianchi da panda nel contorno nero, i capelli scompigliati da un colpo di mano. La ragazza si è alzata, un ultimo sguardo con i sui occhi azzurro ghiaccio poi si è chinata, si è presa il tuo braccialetto per ricordo e via, con il lungo impermeabile nero che la nascondeva hai tuoi occhi vuoti. Io qui ho osservato, lo faccio da tanto ormai, e quelli come te spesso scoprono l'altro mondo nel peggiore dei modi; avrei potuto fare qualcosa ma non è il mio compito: io osservo e ripulisco. Ora qui, chino su di te, faccio gesti fatti tante volte per eliminare le tracce del morso, poi andrò a fare rapporto. Rapporti sempre rigorosamente orali, nessuna traccia deve rimanere, secoli di storie e conoscenza tenute a memoria, se scoprissero che tengo un diario di queste vicende mi punirebbero
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